IL MATTINO Domenica 6 Maggio 2001

INCHIESTA
I NUOVI ESCLUSI

ENZO CIACCIO

L’idea? Nacque nel febbraio scorso, durante il convegno napoletano sui "Senza dimora" promosso da Psichiatria democratica con la collaborazione della Cgil Funzione pubblica di Napoli e della facoltà di Architettura. Fu in quella sede che i promotori del convegno, con Magistratura democratica, rappresentanti della cooperazione sociale, architetti impegnati nella rilettura urbanistica metropolitana, iniziarono a confrontarsi sulla cosiddetta "Città sociale". E sull’urgenza di far nascere un Laboratorio, cioè un luogo capace di "mettere in rete" e collegare fra loro le tante realtà che già si muovono, ma spesso alla rinfusa, nel ventre nascosto della città che soffre. Un Laboratorio, sì. Per definire il percorso, dove confrontarsi "nelle rispettive diversità" intorno a tale suggestione. Lo scopo? Far sì che la suggestione, grazie alla possibilità di scambiarsi idee ed esperienze, possa tramutarsi in un vero e proprio "progetto politico" di emancipazione e inclusione degli emarginati, degli ultimi, di quella parte cospicua di città che - a Napoli come altrove - non conquista spazi di cittadinanza e anzi, spesso, vede scaricare su di sè i malesseri e le paure dei cosiddetti "garantiti".
Dice Fedele Maurano, psichiatra che opera a Secondigliano: "Chi vive disagi mentali ha soprattutto bisogno di strumenti, di opportunità: prime fra tutte, contrattualità credibile e relazioni di buona qualità. Un Laboratorio può servire molto a favorire questo processo".

E Andrea Mormiroli, della Cooperativa Dedalus: "Sono tante le pratiche, le esperienze che da anni vivono sul campo. Però in genere non si vedono, nè hanno la forza per imporsi all’attenzione della cosiddetta politica ufficiale. Ecco, un laboratorio significa garantire visibilità a questa enorme mole di lavoro che ogni giorno, specie nelle periferie delle grandi città, viene elaborato nel silenzio dei più. Noi, che lavoriamo tra gli immigrati, quelli contro cui si concentra buona parte del disagio sociale e della demagogia, abbiamo constatato che non basta più coltivare al meglio il proprio orticello e che è giunto il momento di cogliere la trasversalità dei problemi".

Anche Aldo Policastro, esponente di spicco e segretario napoletano di Magistratura democratica, insiste sulla necessità di raccogliere ciò che di vivo e di più sensibile si muove nella città nascosta: "Da sempre Md crede fortemente nella prospettiva ugualitaria dettata dall’articolo 3 della Costituzione. Perciò ci interessa quel che si crea a tutela degli ultimi e che organizza interventi per rimuovere le disparità. Solo chi agita campagne allarmistiche, basate su analisi spesso sbagliate, non vede le migliaia di persone e i gruppi che ogni giorno operano bene, ma nell’anonimato, per combattere l’esclusione nelle aree di marginalità sociale. Con questo Laboratorio cerchiamo e accettiamo il confronto con chi già fa città sociale. Proponiamo un percorso e, per iniziare, offriamo un canovaccio, scevro da preconcetti e aperto ai contributi che si muovono in tale direzione. I nuovi arrivi, sia ben chiaro, saranno parte integrante di noi stessi". E tra i temi di partenza per un confronto, spicca quello della sicurezza. Tema caldo, su cui incombe il peso di troppi conformismi e frequenti "fughe nell’indistinto". Dice ancora Policastro: "Alla sicurezza guardiamo con l’occhio degli esclusi. Per noi vuol dire, per esempio, che l’attuale legge sull’immigrazione è criminogena in quanto produce reati piuttosto che impedirli. Per le droghe, invece, riteniamo che vadano aiutate le esperienze che puntano alla riduzione del danno. Insomma, proviamo ad andare oltre il pur necessario triangolo costituito da poliziotti, giudici e repressione. Nella città sociale, al bisogno di sicurezza si sarà capaci di rispondere attivando iniziative e logiche di inclusione".

Di "politiche molecolari" parla invece Renato Donise, psichiatra democratico che opera nella "167" di Scampìa, luogo simbolo dell’esclusione. E spiega: "Con le politiche molecolari intendiamo la necessità di iniziative che, partendo dal basso, siano in grado di attivare o riattivare solidarietà, sostegno, alleanze. Siamo cittadini globali e perciò, come diceva il sociologo Zygmunt Bauman, in balìa dell’incertezza e dell’insicurezza".

Lo scopo? Per Salvatore Di Fede, cooperatore di Psichiatria democratica che a Vallo di Maddaloni partecipa da tempo a una esperienza di integrazione che somiglia molto alla "città sociale", bisogna costruire "luoghi dove sia possibile affrontare tali smarrimenti ripartendo da una ritrovata mente locale". Un modello? "Le case famiglia nate dalla chiusura dei manicomi", propone Di Fede. E aggiunge: "Molte case famiglia sono ubicate in periferia. Ed è proprio da lì che si può ripartire per restituire centralità ai marginali, a tutti coloro che - espulsi dai meccanismi del consumo globale - vagano per le strade spesso in povertà estrema e in una condizione di terribile anomìa territoriale".

È proprio in questo vuoto, nel contempo "saturo di finta conflittualità e caos", che per Emilio Lupo, segretario nazionale di Psichiatria democratica, è giusto intervenire: "Il Laboratorio - racconta - va inteso come un cantiere sempre aperto, dove ciascuno - partendo dal proprio specifico - contribuisca al progetto e alla verifica di quel che si va facendo, in uno sforzo di permanente condivisione che obbliga a unire le differenze. Perciò, non cerchiamo il contributo di opportunisti o negativisti di professione nè di chi non ha voglia di sporcarsi le mani nel lavoro sociale quotidiano. È a chi invece le mani se le sporca, laici e cattolici che siano, che guardiamo con particolare attenzione: vogliamo essere un luogo dove chi opera trovi voce e occasione per crescere, in uno scambio continuo e costruttivo di esperienze e ideazione". L’appuntamento, il primo di carattere pubblico, è fissato per il prossimo 15 giugno: sarà l’occasione per "contarsi" e aprirsi ulteriormente a nuovi apporti. Il Laboratorio, dunque, "va". "E noi della Cgil - dice Tonino Peduto, segretario per la Funzione pubblica - ne saremo parte attiva a favore dei meno protetti. Napoli e il Mezzogiorno, del resto, sono aree in cui più che altrove si sentiranno gli effetti dei grandi spostamenti dal Sud del mondo verso le zone opulente: sarebbe inammissibile che un sindacato come la Cgil non fosse in prima linea anche su questo fronte".