LE SOCIETA’ 12 Liberazione
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Diritti sempre
più a rischio
il commento
’Italia è l’unico Paese al mondo senza manicomi. Questo risultato
è stato raggiunto dimostrando che è possibile fare salute mentale
senza internare le persone.
A distanza di 26 anni dall’entrata in vigore della legge 180, nonostante
gli enormi interessi di chi vuole tornare
indietro, si sono affermate esperienze innovative nel segno del rispetto verso chi soffre, del
diritto di ammalarsi ed essere
curati, senza essere segregati. Esistono
servizi di salute mentale che sono veri luoghi accoglienti, dove l’ascolto
organizzato è la norma, capaci di dare risposte 24 ore su 24.
Nello stesso tempo in Italia stanno avanzando logiche e pratiche
di nuove esclusioni. Internamento e privatizzazione sono i cardini
del disegno di
legge Burani-Procaccini di riforma della “180”,
coerente con la strategia dell’attuale governo di procedere ad uno
sgretolamento dello stato sociale e
di portare l’attacco ai diritti di libertà sanciti dalla Costituzione:
vedi le proposte di revisione della legge 194, la Bossi-Fini, la nuova
normativa sulle tossicodipendenze.
Nella civilissima Italia, inoltre, sono state realizzate, nell’indifferenza di troppi,
strutture terribili: sono i Centri di permanenza temporanea per gli
stranieri, in cui carcere e manicomio si sommano. Nel Centro di Restino
(Br), da noi visitato nell’ottobre 2003, il 90% delle persone
assume psicofarmaci, atti autolesionistici
e risse sono all’ordine del giorno. I reclusi
mangiano per terra o sul letto, dormono in letti a castello in 8-10
per stanza, usano bagni privi di porte, non dispongono
di presidi per l’emergenza medica o
chirurgica. Il vecchio internamento è rappresentato dalla
persistenza in Italia dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg). Ci ha sempre impressionato che le persone prima ricoverate
in Opg, una volta uscite, non ne vogliano parlare; dicono solo che si stava malissimo. Preferiscono
dimenticare. E’ urgente superare anche l’Opg.
ecentemente l’Unione Europea ha visto l’ingresso di Paesi
per troppo tempo tenuti ai margini del terreno proprio dei diritti
elementari. Solo qualche anno fa
l’isola di Leros in Grecia era un enorme
lager, nei paesi balcanici esistono ancora
manicomi orribili. Quattro anni fa i rico-
verati dell’ospedale psichiatrico di Sokolac,
nella regione serba della Bosnia,
si alimentavano solo con le patate che coltivavano nel loro povero
orto: il loro problema era esclusivamente la sopravvivenza. Ancora
oggi non è cambiato molto. Anche gli stati europei economicamente più avanzati continuano
ad utilizzare i dispositivi
propri delle istituzioni totali come strumento di formidabile controllo,
rispetto a contraddizioni sociali non altrimenti gestibili. La precarietà
lavorativa, la dislocazione dei processi produttivi, l’aumento della
povertà, i flussi immigratori crescenti, la privatizzazione
dei servizi essenziali, stanno
producendo in tutta Europa fenomeni d’emarginazione crescente. Per
questo le istituzioni del controllo hard e soft (carceri, manicomi,
Cpt, ma anche case per anziani, comunità
protette, istituiti per minori, centri per handicappati ecc.) conoscono
un formidabile rilancio. Italia, attraverso il movimento antistituzionale
psichiatrico, di cui Psichiatria Democratica è stata ed è la punta
più avanzata, ha accumulato un sapere pratico capace di sovvertire
le logiche dell’esclusione, di rompere con l’idea che i “diversi”
vadano collocati in stretti recinti, di attivare processi di
protagonismo delle persone in difficoltà. E’ necessario che questo
patrimonio travalichi ora i confini nazionali. In Europa esistono
da tempo esperienze avanzate in salute mentale,
che si sono sviluppate, però, accanto al manicomio e non in alternativa
ad esso. E’ il caso della Francia e della
Gran Bretagna, dove, migliaia di persone affollano ancora ospedali
psichiatrici più o meno “moderni”. Chi li ha visitati ha ricavato
l’impressione che il volto dei ricoverati esprimesse
la sofferenza di sempre degli esclusi, la tristezza di una vita senza
futuro, a dispetto della cosiddetta “umanizzazione” dei luoghi di
degenza. E’ necessario, allora, che si realizzi una Rete
Europea per una “Europa senza manicomi”,
contro ogni forma d’emarginazione. In Europa portiamo la ricchezza del movimento
italiano contro le istituzioni totali e per la costruzione dei nuovi servizi, insieme a problemi nuovi ma sempre
legati all'antica “voglia di manicomio”. Ci attende un lavoro arduo.
Le sirene dell’individualismo intollerante hanno ripreso fiato in
tutto il nostro Continente e sibilano in modo lugubre i versi dei
nuovi razzismi. Psichiatria
Democratica continuerà a cantare a voce alta che la “libertà è terapeutica”,
dimostrandola nei fatti: anche in tutta Europa.
ROCCO CANOSA
presidente
di Psichiatria democratica