"La 180 è da riformare"
tornano i minimanicomi

Polemica sulle proposte di Forza Italia e Lega in commissione Affari sociali

MARIO REGGIO

ROMA - Strutture residenziali di assistenza per accogliere i malati mentali più gravi «pericolosi per sé e per gli altri», con un massimo di 50 posti letto; trattamento sanitario obbligatorio su richiesta di «chiunque ne abbia interesse» ma convalidato da uno psichiatra, per 72 ore (nelle situazioni di emergenza) e fino a due mesi.
Sono i cardini della riforma della legge "180" - quella che 22 anni fa mise in Italia la parola fine ai manicomi - proposta da Forza Italia e dalla lega Nord e di cui ieri è cominciato l'iter parlamentare con la discussione in commissione Affari sociali di Montecitorio.
Il centrodestra vuole cambiare strada: «La legge "180" ha rivelato enormi lacune», è l'atto di accusa di Maria Burani Procaccini (FI) e di Alessandro Cè (Lega), firmatari dei due nuovi progetti di legge. Durissima la reazione dell'opposizione di centrosinistra che parla di «restaurazione rozza e ideologica», di «riapertura dei manicomi» e di «gravissimo colpo di spugna».
La "rivoluzione" teorizzata dallo psichiatra triestino Franco Basaglia e tradotta nella legge "180" ha avuto un percorso accidentato che tuttavia, tra polemiche e sforzi, ha portato alla chiusura della quasi totalità dei vecchi manicomi e alla creazione di molti centri di sostegno e di assistenza sul territorio ai pazienti psichiatrici e alle famiglie. «Non parliamo di ritorno ai manicomi, per carità, ma di reparti protetti di cura. E comunque, non ci devono essere guerre di religione, né leggitabù», afferma ieri mattina Burani Procaccini. Mentre in commissione l'Ulivo annuncia il braccio di ferro negli interventi dell'ex ministro della Sanità, la Popolare Rosy Bindi; del diessino Giuseppe Lumia («Significa creare aree manicomiali. Si torna all'istituzionalizzazione del malato di mente»); di Luana Zanella dei Verdi («Ecco qui, la vecchia logica manicomiale»).
Nel merito, le nuove norme prevedono il trattamento sanitario obbligatorio "d'urgenza e ordinario", su richiesta di "chiunque ne abbia interesse", vale a dire familiari, operatori sociali, psichiatri o medici di famiglia. E una commissione dovrebbe decidere sulla convalida del Tso. Inoltre, strutture residenziali con assistenza continuata (Sra) potranno accogliere non più di 50 malati e ne saranno previste almeno tre per Regione. I familiari non possono essere obbligati alla convivenza con i malati di mente maggiorenni, anche se saranno stabiliti incentivi per le famiglie disposte a mantenere il malato. La prevenzione e la cura sono affidate ai Dipartimenti di salute mentale (Dsm) o di psichiatria e la gestione dell'assistenza è affidata a un'integrazione pubblicoprivato. Per gli ex ospedali psichiatrici è prevista la chiusura, la riconversione o la vendita destinando il ricavato alla realizzazione o all'adeguamento di strutture a favore dei malati psichiatrici. Da "Psichiatria democratica" arriva immediata la bocciatura della proposta di riforma: «È lesiva e fortemente pericolosa per i cittadini. Riesce a essere nello stesso tempo oscurantista, semplicistica e inadeguata ai bisogni e ai diritti dei cittadini». La comunista Maura Cossutta rincara: «L'obiettivo del centrodestra è la cancellazione di tutte le conquiste della legislazione degli Anni ‘70: servizio sanitario, statuto dei lavoratori, aborto e ora legge "180"».
REPUBBLICA 20 sETTEMBRE 2001
 

PSICHIATRIA DEMOCRATICA