PSICHIATRIA DEMOCRATICA

 

I DIRITTI DI CHI E' NATO SOTTO UN ACCENTO

 

SBAGLIATO

(L'Unità 5 settembre 2004)

 

Angelo Caputo,

responsabile immigrazione di Magistratura democratica

 

 

Il decreto-legge di modifica della legge sull'immigrazione varato dal Governo

non ha recepito l'aspetto più all'allarmante dell'annunciato

"tagliando", quello relativo all'"esportazione" dei centri di detenzione. L'

innovazione avrebbe prodotto una specie di cortocircuito costituzionale,

spingendo verso l'"internazionalizzazione" delle misure di controllo delle

migrazioni, mentre le garanzie sostanziali e processuali delle persone

restano "confinate" nello spazio delle costituzioni nazionali. Un modo,

insomma, per negare in radice quei diritti fondamentali dei migranti

riaffermati con forza dalle recenti sentenze della Corte costituzionale.

 

E' stato approvato invece il trasferimento di determinate competenze in

materia di espulsione dal giudice ordinario al giudice di pace.

Significativa la giustificazione di questa scelta prospettata dal Ministro

della giustizia nelle anticipazioni dei giorni scorsi: lasciamo che i

magistrati ordinari si occupino di cose più serie, sull'allontanamento dello

straniero può benissimo decidere il giudice di pace. Ma, come ci ha spiegato

sempre la Corte costituzionale, molti provvedimenti in materia di espulsione

incidono sulla libertà personale dei migranti, tutelata dalla Costituzione

quale " diritto fondamentale" della persona e, dunque, nei confronti sia dei

cittadini, sia degli stranieri. E se i giudici ordinari non devono garantire

la tutela di un diritto fondamentale della persona, quali saranno mai le

"cose più importanti" di cui dovrebbero occuparsi?

 

Il decreto-legge è destinato ad inserirsi in quel convulso susseguirsi di

leggi, proposte di riforma, pronunce della Corte, polemiche, anche aspre,

sulle interpretazioni dei giudici in cui si sono concretizzate le politiche

migratorie seguite in Italia fin dagli anni '90: e proprio le sentenze della

Consulta potrebbero - e dovrebbero - suggerire una riflessione sul segno e

sui risultati di queste politiche L'instabilità delle normative non è stata,

infatti, neutra: la condizione giuridica dello straniero che ne è scaturita

ha consacrato una visione dei migranti come soggetti in sé pericolosi per l'

ordine pubblico, ha delineato il soggiorno dei "regolari" come se fossero

ospiti in prova perpetua, ha costruito misure per gli "irregolari" in

irriducibile tensione con le garanzie costituzionali dei diritti

fondamentali delle persone.

 

Quali lezioni è invece possibile trarre dalle sentenze della Corte? Molte,

ma una su tutte: è sbagliato l'approccio alle questioni dell'immigrazione

che parte dalla fine, ossia dall'ultimo segmento della disciplina dell'

immigrazione, quello relativo alle espulsioni; è necessario, invece, partire

dall'inizio, ossia verificare gli effetti delle normative sull'ingresso e

sul soggiorno dei migranti. Ed è appunto l'analisi di questi effetti che

imporrebbe un ripensamento complessivo.

 

I canali di ingresso regolare non sono stati idonei a governare in termini

di effettività i flussi migratori, tanto è vero che la maggioranza degli

stranieri soggiornanti oggi regolarmente nel nostro paese ha acquisito

questa condizione solo grazie alle varie sanatorie: alla base di questa

ineffettività della normativa vi è l'idea che l'ingresso dello straniero

debba presupporre l'incontro a livello planetario tra domanda e offerta di

lavoro. Bisognerebbe invece ricorrere a meccanismi incentrati sull'ingresso

per la ricerca del lavoro, così da rendere la disciplina più flessibile.

 

La normativa sul soggiorno, poi, dovrebbe favorire la stabilizzazione del

migrante: andrebbero semplificate le norme sul rinnovo dei permessi di

soggiorno, che oggi rappresentano una vera e propria corsa ad ostacoli per l

'immigrato; e andrebbe valorizzata la catena migratoria, attraverso istituti

come il ricongiungimento familiare e la cd. sponsorizzazione, il primo

ridimensionato, la seconda abolita dalla legge Bossi - Fini.

 

Infine, anche la gestione dell'irregolarità andrebbe ripensata a fondo: è

necessario incentivare i comportamenti virtuosi degli stranieri, prevedendo,

ad esempio, meccanismi di regolarizzazione degli immigrati irregolari

fondati su indici di integrazione di fatto.

 

Politiche di accoglienza capaci di ridurre l'area della irregolarità e di

riassorbire quote di irregolarità consentirebbero, infine, di arrestare

quella corsa "al rialzo" delle misure antigarantistiche finalizzate all'

espulsione dello straniero che caratterizza la nostra legislazione. Con i

risultati che sono ormai sotto gli occhi di tutti: la formazione di un

diritto speciale degli immigrati, che trova la sua espressione, in

particolare, nel trattenimento nei centri di permanenza temporanea, una vera

e propria detenzione amministrativa collegata alla condizione di migrante,

ossia, per usare le parole di una vecchia canzone di Pino Daniele, al fatto

di essere nati sotto un accento sbagliato.

 

 

 

Angelo Caputo,

responsabile immigrazione di Magistratura democratica