PSICHIATRIA DEMOCRATICA

 

 

Contributo di analisi sullo stato dei servizi per la tutela della salute mentale in Liguria e proposte per il loro miglioramento

 

 

La Consulta Regionale Ligure per la Salute Mentale, rappresentativa d’alcuni operatori del settore pubblico e privato, nonché d’alcune Associazioni che da tempo si adoperano per favorire e mantenere la Salute Mentale ha raccolto nel corso dell’anno 2001 opinioni, critiche, idee e suggerimenti.

Lo spirito che anima l’iniziativa sta nell’idea che “qualunque cosa, ciascuno di noi possa fare per promuovere e proteggere la propria salute mentale, quella dei propri familiari e quella della collettività, SE FATTA INSIEME E’ MEGLIO

Abbiamo riflettuto sulla funzione del DSM che, a nostro avviso, è quella di affrontare tutto il bisogno di tutela della salute mentale da parte della popolazione di un certo territorio, agendo in modo integrato con altri soggetti istituzionali (comuni, distretti, associazioni, enti, …) di quella zona.

E’ indubbio che il processo di riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica, secondo il modello dipartimentale (l’essere insieme di diverse strutture che pur appartenendo a diverse aziende operano nella stessa zona geografica) possa ritenersi avviato, anche se con tempi e modalità differenti da regione a regione. Il modello dipartimentale garantisce l’unitarietà degli interventi e consente una significativa sinergia e complementarietà fra le varie figure professionali.

Cioè si tratta del modello più idoneo a garantire, non solo,  l’unitarietà degli interventi ma anche la continuità terapeutica assicurando il coordinamento emergenza-urgenza 24 ore su 24 ogni giorno dell’anno, promuovendo prevenzione e verifica degli interventi preventivi e prendendo in carico i pazienti più gravi.

Oltre alle strutture, propriamente dette, sono determinanti per una completa e definitiva applicazione del modello, le “risorse umane”.

Queste ultime naturalmente debbono essere “promosse” e “protette” con opportune iniziative di:

Ribadiamo l’importanza  fondamentale di favorire la capacità di un  lavoro in “equipe” in una prospettiva progettuale ampia garantendo un approccio integrato alle problematiche di salute mentale con l’acquisizione di competenze sulle metodologie e sulle pratiche dell’intervento di rete e di psichiatria di comunità.

L’attività specialistica, multiprofessionale ed interdisciplinare degli operatori del DSM (psichiatri, assistenti sociali, psicologi, educatori, personale infermieristico, etc) deve essere erogata in modo attivo evitando le prassi d’attesa e rendendo più agili le procedure.

Tale “stile di servizio” consentirebbe di occuparsi non soltanto dei casi acuti e di quelli che spontaneamente cercano il contatto con la struttura, ma renderebbe possibile la programmazione d’interventi mirati alla prevenzione,

diagnosi, terapia e riabilitazione anche a favore di coloro, che persistono in atteggiamenti di rifiuto della cura.

Il servizio può assicurare 24h su 24h risposte ai bisogni con personale qualificato in grado di operare costantemente e quotidianamente sul territorio nelle diverse situazioni, dalla routine all’emergenza, con la stessa professionalità.

Attualmente, per quanto riguarda gli interventi d’urgenza (festivi o notturni), i DSM in Italia sono organizzati in modo molto diverso tra loro, si va da quelli che assicurano un servizio costante nelle 24 ore a quelli che durante la notte e nei festivi fanno riferimento ad una guardia psichiatrica in un Pronto Soccorso o soltanto ad un medico reperibile che telefonicamente o recandosi sul posto decide il da farsi.

È stato ripetutamente osservato che la risposta che si riesce ad esprimere con la presenza di operatori della Salute Mentale al domicilio del paziente durante l’orario d’apertura del servizio è mediamente più efficace di quella erogata durante l’orario di chiusura con le modalità sopra descritte; più efficace in termini di minor ricorso al ricovero in SPDC, alle Forze dell’Ordine, al TSO, a mezzi sostanzialmente più coercitivi.

Ciò che, spesso, in Liguria accade, durante l’orario di chiusura dei DSM (aperti al pubblico dalle ore 8.00 alle ore 20.00 e talvolta per un tempo significativamente minore) è che:

·        Il paziente non riesce a contattare il servizio attraverso i canali abituali e viene “rimbalzato”, spesso telefonicamente, tra 118, Pronto Soccorso, Medico Reperibile, Guardia Medica, SPDC, etc. aggiungendo ansia e stress alla sua situazione, già critica in quel momento.

·        Il paziente è costretto a spostarsi dalla sua abitazione, per recarsi al Pronto Soccorso, proprio nel momento in cui avrebbe più bisogno di essere circondato da cose e persone a lui conosciute in un ambiente che lui considera sicuro e favorevole, per sottoporsi a domande e visite in un luogo (Pronto Soccorso) spesso caotico e disagevole, da parte di persone che lui probabilmente non ha mai visto.

Chiunque abbia lavorato, lavori o sia stato in contatto per vari motivi con il Dipartimento di Salute Mentale sa che il compito da svolgere è complesso e delicato, che richiede pazienza ed attenzione, che il “miglioramento” dei sintomi sarà a volte temporaneo e poco evidente; l’impegno in questo settore richiede la definizione di progetti individualizzati ed integrati finalizzati ad accompagnare il paziente in tutto il suo difficile percorso di mantenimento delle capacità mentali.

Il Distretto Socio-Sanitario come “front office”, come sportello del cittadino dove possano essere erogate prestazioni per qualsiasi problema presentato è un’idea alla quale stiamo lavorando e della cui importanza  siamo convinti.

Nel caso dei pazienti gravi è necessario, oltre che riattivare la rete relazionale della persona, costruire attorno a ciascuno un gruppo di riferimento con operatori di varie professionalità e delle diverse strutture del Dipartimento e quando è necessario, dell’apporto professionale dei diversi servizi del distretto.

Si è insistito sul punto di quanto, per rendere il Servizio pubblico più efficace ed efficiente sia necessario disporre di risorse economiche, umane e strutturali organizzate adeguatamente per sostenere progetti - integrati  e personalizzati d’inserimento in appartamenti, borse lavoro, laboratori, corsi di formazione, etc.

 

Gli operatori psichiatrici che partecipano alla Consulta e coloro che ne condividono lo spirito ed i principi, si stanno impegnando ad incrementare la loro attività di “assistenza domiciliare”, stanno portando la loro professionalità, il loro “saper fare” nelle case, per strada, nelle associazioni, “fuori”, là dove c’è il bisogno e non, viceversa.

E tuttavia spesso mancano gli strumenti necessari a svolgere il loro lavoro in maniera proficua e dignitosa.

In molti DSM le mancanze sono attualmente vistose in termini di mezzi di trasporto limitati ed inefficienti, strutture carenti e talvolta fatiscenti, dotazione organica inadeguata e sottostimata.

Le diverse condizioni organiche, strutturali e organizzative all’interno dei singoli territori della regione fanno si che ci siano vistose disparità di trattamento nei riguardi dell’utenza; esempio più eclatante è la situazione dell’imperiese dove non è stato ancora formalizzato il dipartimento, non garantendo così una adeguata assistenza, abbandonate le famiglie e non tutelati gli operatori.

Durante gli incontri della Consulta Ligure, sono emerse alcune particolari situazioni:  quella di un gruppo d’auto-aiuto che si riunisce in una sede csm dove i locali hanno continue infiltrazioni d’acqua e le minacce di “crolli” sono il diversivo quotidiano; una struttura ex ipab assegnata in delibera alla Salute Mentale per l’istituzione di una rete di servizi, hanno improvvisamente cambiato destinazione d’uso a favore dell’attività libero professionale intra-moenia e finora non è valso neppure l’intervento del Difensore Civico per rendere attuativa la delibera che  ne vincolava l’utilizzo per la salute mentale.

Abbiamo anche rilevato e discusso di come, oggi, nel 2001, alcuni stiano ancora tentando di dare attuazione alla Legge 180 ed al Progetto Obiettivo, (e significative esperienze possono essere rese visibili) mentre, altri si allontanano e propongono emendamenti lontani dallo spirito del legislatore.

Il Progetto Obbiettivo Tutela della Salute Mentale 1998 –2000, approvato nel novembre 1999 con l’apprezzamento e la condivisione della stragrande maggioranza del mondo scientifico e delle associazioni contiene un significativo superamento della “triade medico-farmaco-ricovero”. Individua nella partecipazione delle famiglie, nell’integrazione degli interventi il proprio “asse portante” e costituisce l’indispensabile premessa ad una integrazione sociale e sanitaria, centrata sulla persona oltre che sulla malattia, offrendo anche opportunità di casa e di lavoro.

In Liguria, come in altre Regioni d’Italia sono stati, negli ultimi anni definitivamente superati gli Ospedali Psichiatrici e molti dei familiari che hanno discusso con noi hanno insistito perché fosse risottolineata l’importanza di affrontare problemi come quello della casa e del lavoro, in generale di una dimensione d’esistenza più umana, civile e condivisa dove poter legittimamente continuare a vivere il proprio e l’altrui disagio senza subire ostracismi e manipolazioni.

Il privato sociale e l’associazionismo sono importanti nell’ambito della rete Assistenziale Pubblica

Ormai sono numerosi i servizi di Assistenza e\o Riabilitazione della persona (nel campo della Salute Mentale piuttosto che dell’anziano o dell’handicap) gestiti dal privato imprenditoriale o da cooperative sociali.

Le ASL accreditano i servizi erogati da tali soggetti se questi rispondono ad uno standard di qualità richiesto dalla legge.

E’ chiaro che l’atteggiamento del Servizio Pubblico non deve e non può essere di delega al Privato e deve mantenere su quest’ultimo un controllo vigile e severo impegnando i servizi di salute mentale a svolgere una concreta e codificata funzione di verifica del rispetto del progetto personalizzato.

Anche in Liguria esistono realtà dove il Privato e/o l’associazionismo svolgono effettivamente un ruolo di collaborazione attiva integrandosi nella rete assistenziale e nei percorsi riabilitativi personalizzati; in altri casi, invece, i mancati controlli da parte pubblica favoriscono atteggiamenti e pratiche neo istituzionalizzanti come la contenzione farmacologica, la lungodegenza e l’isolamento.

Garantire ai fruitori dei servizi e ai loro familiari la corretta informazione sui loro diritti e metterli nella condizione di poterli rivendicare in ogni momento.

 

E’ importante organizzare dei momenti d’ “informazione-formazione ” comune a utenti, familiari, operatori del pubblico e del privato, iniziative “anti-stigma”, perché liberi si può essere solo insieme, parlando un linguaggio comune ed aumentando lo scambio d’esperienze.

Sarebbe spiacevole, per chi si trova in condizioni di disagio, subire anche la situazione di non poter scegliere affatto. Chi non sa, chi non conosce compra, come al supermercato a “scatola chiusa ” o peggio, alla fine, nella confusione, si deve accontentare di quello che “rimane”.

 

La questione delle Strutture Residenziali psichiatriche è aperta: ne stiamo discutendo. Sicuramente condividiamo l’idea che si debba trattare di “strutture piccole ed agili” effettivamente riabilitative dove, quando è possibile il malato possa sperimentare ed “addestrarsi” alla “quotidianità”. I problemi più grossi sembrano sorgere proprio quando le persone stanno meglio, alle dimissioni, al rientro presso le proprie famiglie e le proprie comunità locali dove è difficile trovare lavoro. Da questo versante il servizio territoriale deve farsi carico di seguire il progetto di reinserimento, evitando in tal modo l’utilizzo distorto delle strutture intermedie così come individuate dalla DGR 747 del 9.3.98 applicativa della L.R. 39/88.

Un esempio di questo impegno è rappresentato dal “Progetto Murta” dell’Ambito “Genova Nord” volto a dare una risposta abitativa a chi è ancora ospite di una Comunità e, al tempo stesso, a chi questo inserimento può essere evitato.

Vogliamo sottolineare l’importanza che assumono, ai fini di un’efficace riabilitazione, le esperienze attuate nella comunità civile, capaci di mobilitare la partecipazione dei cittadini e le energie ed i talenti, sempre presenti anche nei pazienti più gravi.

A Genova alcune iniziative “Insieme per sport” hanno rappresentato un momento di condivisione comunitaria, di costruzione di relazioni positive fuori dagli ambiti specialistici. Come anche le attività, ormai consolidate dei “Soggiorni Vacanze” ed alcune esperienze dell’auto-aiuto.

A Savona nell’esperienza della “Polena”, si è costituita una cooperativa teatrale e si sono allestiti spettacoli altamente fruibili con la partecipazione attiva di persone  ed ex ospiti di strutture residenziali.

E allora, la Consulta, proprio in questo momento, intende riaffermare le “buone ragioni ” che hanno ispirato la Legge di Riforma che, se applicata puntualmente ed eventualmente aggiornata, può consentire a tutte le persone che soffrono un disagio psichico, ai loro familiari, agli amici, ai vicini, agli operatori del settore pubblico e privato, di “ mantenere ” la loro dignità ed il loro diritto alla vita, alla casa ed al lavoro.

Attivare il Servizio Pubblico nelle 24 ore sul territorio, significa utilizzare uno strumento indispensabile che permettere a tutta la “rete formale ed informale” di funzionare.

Riscoprire nuove competenze del DSM e degli operatori può fornirci altri elementi per andare avanti; per dirla come l’Organizzazione Mondiale della Sanità “… sarebbe bene che l’operatore s’identificasse in un mediatore della salute nella/per/con la Comunità locale …. sarebbe bene che tutti ci convincessimo che la stessa Comunità locale è competente e che contiene in se le risorse utili ad affrontare i problemi … sarebbe bene che ciascuno di noi credesse d’essere risorsa …”

 

In particolare la Consulta della salute Mentale Ligure, unitamente ad altre Consulte Regionali chiede al Ministro della Sanità:

·        La proroga del progetto obiettivo tutela della salute mentale 1998 – 2000 (Pon), anche per il triennio 2001 - 2003 e monitoraggio della sua attuazione a livello Regionale

·        L’immediata utilizzazione dei fondi già destinati dall’art. 98 della legge finanziaria 2001 per un programma nazionale di comunicazione e d’informazione contro lo stigma e il pregiudizio sulla salute mentale (1 mld), e per la realizzazione in ciascuna Regione di progetti di prevenzione per la salute mentale, aventi ad oggetto, in particolare, interventi in ambiente scolastico e interventi di promozione per la collaborazione stabile tra medici di base e dipartimenti di salute mentale (3 mld), e loro rifinanziamento per l’anno 2002

·        Il monitoraggio per il 2001 della destinazione di almeno il 5% dei fondi sanitari delle Regioni per le attività del Dipartimenti di Salute Mentale e delle risorse rese disponibili dall’utilizzazione del patrimonio degli ex ospedali psichiatrici

·        Il Commissariamento delle Regioni inadempienti già possibile con la vigente normativa

·        L’attivazione a livello nazionale di un coordinamento interministeriale e con le altre istituzioni interessate per l’elaborazione, il monitoraggio e l’attuazione dei complessi impegni riguardanti la salute mentale

 

 

Consulta Ligure per la Tutela della Salute Mentale

 

 

Genova, 24 ottobre 2001

 

 

 

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