![]() |
PSICHIATRIA DEMOCRATICA |
VERBALE DELL’ASSEMBLEA DI PSICHIATRIA DEMOCRATICA TRIVENETA TENUTASI A MESTRE IL 19/1/2001-01-21
Presenti: Pullia, Lapis, Dean, Lattanzi, Gasperoni, Ricci, Agostini, Salmasi, Vianello, Baroffio, Fabbian, Steffenoni, Brunello, Paniccia, Torresini.
Pullia: ricorda l’organigramma votato a Vico Equense per la Triveneta e la necessità che venga in qualche modo ufficializzato (è associato al verbale copia di tale organigramma scaricato dal sito internet di Psichiatria Democratica Nazionale http://www.psichiatriademocratica.com) e, se necessario, modificato. Ricorda anche che la Società Triveneta di Psichiatria Democratica è sovrana nella nomina dei suoi rappresentanti e che il suo inserimento nell’ufficio di segreteria nazionale è avvenuto per cooptazione dalla segreteria nazionale.
Lattanzi: dice che sarebbe bene, dopo il congresso nazionale e dopo le non poche polemiche seguite, cercare di riassumere un po’ la storia dell’associazione nazionale e della società triveneta. Nel 1985 durante il Congresso Nazionale di PD ad Ancona si decise di dar vita alle Federazioni Regionali di PD per permettere lo sviluppo autonomo di realtà con problemi politici e organizzativi diversissimi. Venne perciò fondata la Società Triveneta di Psichiatria Democratica alla quale aderì un notevole numero di operatori delle realtà Triestine e Pordenonese più un certo numero di operatori veneti. Passati i primi anni (ricordo il Congresso di Verona del gennaio 1988 che ebbe molto risalto) di attività attraverso riunioni in tutte le sedi dei vari Servizi (si susseguirono alla presidenza e segreteria Casagrande, Mezzina, Dell’Acqua, Torresini, Pullia e Ricci) quella formula iniziò a corrodersi, pertanto nel 1991 demmo vita, senza cambiare la dizione della società, ai coordinamenti regionali. Quelli erano tempi in cui i Manicomi, tranne poche realtà, erano ancora in piedi, e noi tentavamo le prime sortite con le associazioni familiari. Intanto a livello nazionale (congresso di Roma del 1990) si fondò una Società Nazionale Federativa di Psichiatria Democratica (primo segretario Pastore) che ha sempre avuto un importante ruolo di mediazione istituzionale a livello nazionale. Dopo il 1992, a seguito del’aziendalizzazione della Sanità Pubblica, avvenne una certa stasi nell’attività di PD, forse più nelle realtà regionali che a livello nazionale, e soprattutto nel Nord si perse, in certi periodi, il senso e il valore nell’appartenenza a PD. E’ innegabile che senza l’attivismo del Sud oggi PD non esisterebbe più: realtà storiche molto avanzate, come la Toscana, ormai non esprimono altri compagni oltre agli ex-aretini. Se stiamo ancora parlando di Psichiatria Democratica Triveneta e abbiamo nominato dei rappresentanti è perché negli ultimi anni la segreteria nazionale di Lupo e la presidenza di Canosa hanno spinto ad una riorganizzazione più puntuale, che ha permesso lo svolgimento del Congresso di Vico Equense . Tutto ciò naturalmente non semplifica il rapporto con Trieste, che rimane, a suo parere l’ineludibile luogo di confronto per la nostra Società Triveneta di PD.
Gasperoni: fa una proposta operativa: dato che ci sono molte persone nuove rimandiamo alla fine della giornata le questioni legate all’organigramma, e intanto cominciamo la discussione.
Ricci: anticipa di voler riportare il clima di discussione degli ultimi mesi attraverso una breve e chiara scaletta:
E’ necessario rafforzare PD nelle Regioni del Nord costruendo una RETE più ampia di PD che contenga quelli che Canosa ha chiamato "I nuovi soggetti del Cambiamento" (utenti, familiari, cooperative ecc. insomma tutte le realtà del sociale che ruotano intorno alla questione ‘Salute Mentale’). Il dibattito è stato interrotto nell’ultimo anno da varie incursione del mondo psichiatrico ufficiale nel nostro territorio (vedi congresso della SIP a Venezia su Basaglia prima saltato e poi fattosi a ranghi ridotti). Si è perso tempo in quelle questioni, quando in fondo noi siamo sottorappresentati a livello ufficiale (un esempio fra tutti Treviso).
Molti operatori ci sono vicini nella sensibilità, ma non si riescono a rappresentare nella militanza, ma potrebbero essere coinvolti in una rete.
Quanto al congresso non si può dire che non sia andato bene.
E necessario riavvicinarsi con i compagni di Lombardia e Piemonte sia come PD che come rete.
E’ necessario riprendere un rapporto più equilibrato con i Triestini.
1. QUESTIONE DELLA RETE
E’ una convinzione diffusa che l’attuale fase di sviluppo economico, che viene chiamato ‘capitalismo globalizzato’, abbia progressivamente corroso il tessuto sociale facendo degradare il senso della comunità civile tradizionale e dei valori collettivi. Noi abbiamo perciò l’obbligo di "Fare Comunità". Non c’è, infatti, possibilità di parlare di salute mentale senza Comunità. D’altra parte sempre meno gente è disponibile a riconoscersi in forme politiche organizzate per rappresentanza e per delega. Le strutture politiche accettabili devono essere riconoscibili e trasparenti e permettere un vero e non solo nominale pluralismo. Pratiche di questo tipo possono funzionare solo nel locale e diffondersi oltre con modalità diverse dalle associazioni.
Forse possiamo dire che non c’è voglia di politica tradizionale ma c’è voglia di cambiamento. Noi non intercettiamo questo bisogno. La voglia di movimento ha anche sempre caratterizzato i Triestini, il convegno di due anni fa (la comunità possibile) ha avuto dei momenti di valore assoluto, mostrando l’immensa capacità di Trieste di intercettare a livello internazionale i soggetti del cambiamento.
E’ in questo contesto che diviene fondamentale il progetto della Rete.
Ma che cosa vuol dire fare una Rete?
2. GIUDIZIO SUL CONGRESSO
Ho giudicato molto positiva la relazione di Rocco Canosa perché univa memoria e compiti nuovi con molto equilibrio, più distante mi sono sentito da quella di Emilio Lupo (al quale va comunque il grande merito organizzativo di Vico) perché legata ad una visione politica dirigista che non mi appartiene. Il mondo è cambiato troppo e continuare a descriverlo con le categorie dell’‘egemonia’ ci allontana dalla verità storica e sociale. La Rete va nella direzione opposta. La stessa risoluzione finale ha gli stessi difetti della relazione Emilio; se ci mettessimo a discuterla a fondo l’accordo non sarebbe così scontato.
A mio parere andrebbe anche approfondita la vicinanza fra l’attuale concezione di ‘dissoluzione della psichiatria’ che è riecheggiata a Vico in più relazioni e di cui parla anche Rocco con le vecchie concezioni dell’"antipsichiatria" e del movimento anglosassone antipsichiatrico.
Ci dovremmo chiedere in modo molto radicale quanto siamo disposti a mettere in discussione dei nostri poteri istituzionali per confrontarci con i nuovi soggetti!
"La questione delle buone pratiche" rimanda a pratiche che vogliono andare oltre la psichiatria…
Massimo della radicalità e massimo di realismo. E’ una questione politica e culturale.
Steffenoni: Condivido l’impostazione di Sandro. A me non è piaciuto il Congresso di Vico. Si è parlato poco di rete e poco di ‘pratiche’.
Buone pratiche si incontrano in giro; noi rischiamo di essere presuntuosi, perché non riusciamo ad andare oltre gli slogan. Le persone che vogliono discutere con noi vogliono confrontarsi con le pratiche. Condivido l’impostazione di "rifare comunità sociale e collettività". E’ quello che la gente ci chiede, poiché la sofferenza viene dalla disgregazione sociale. Un servizio sulle 24 ore va bene se serve a ricostruire rete sociale. Una guardia sulle 24 ore che agisca solo in modo ‘sanitario’ non ricostruisce niente; l’apertura del CSM va bene, ma poi quando il sociale entra troppo, non mediato, può distruggere (accenno a quanto avvenuto al Boldù la notte di capodanno, quando un gruppo di ragazzi hanno fatto danni per milioni): servizio psichiatrico e sociale devono rapportarsi in modo dialettico.
Mi piacerebbe ridiscutere di pratiche anche con chi oggi non c’é.
Gasperoni: Rispetto al Congresso io ho un’idea diversa da Sergio, perché seppure ho vissuto la frustrazione di che veniva dal nord ho visto la rappresentazione di buone pratiche, anche se tutte provenienti dal sud.
Non ho notato la rigidità di cui ha parlato Sandro. Il nostro limite, negli ultimi anni, è stato, al nord, concentrarci solo sul ‘buon servizio’. Nel nord si vive più di ricchezza che di rapporti, ma qual e là si intravedono anche qui questioni e desideri.
Va bene riallacciarsi con altre realtà, ma è importante dialogare da pari a pari.
Quanto a Trieste, va bene avere rapporti più ampi possibili, ma a mio parere proprio Trieste è stato rigido ed egemonico tanto quanto Sandro ha colto nella relazione di Emilio.
Pullia. Fa una lunga riflessione sulla società di oggi che cerca, in parte, di ribaltare il ragionamento di Ricci. A suo parere nella società di oggi le decisioni vengono prese sempre da meno persone e sempre più singolarmente, quindi proprio perché la rete della rappresentanza è sparita, c’è sempre più bisogno di politica, anche tradizionale, anche se è più difficile.
Vico Equense ha dimostrato che va bene partire dalla rete, ma bisogna anche difendere i soggetti deboli dalle roccaforti di potere.
Molti uomini di sinistra nelle organizzazioni di categoria (SIP, CGIL ecc) difendono buone psichiatrie tecniche. Le difficoltà con Trieste hanno a che fare con questo e con i rapporti che Trieste ha con questi. Io non cercherei nuovi rapporti con i Triestini, ma semplicemente un confronto fra pratiche di inclusione sociale (fa riferimento a un incontro sui diritti degli utenti organizzato a Treviso dalla CGIL il 23 febbraio).
Io condivido nella sostanza le osservazioni di Sandro, ma se non ci metteremo più cuore, come nel sud, non riusciremo a fare passi in avanti. Dobbiamo cercare di vedere anche quanto sud c’è a nord, forse più di quanto possiamo immaginare. Si fa molto più lavoro sui senza dimora a Roma che a nord. Noi dobbiamo pensare che alta politica e bassa politica siano inscindibili.
Torresini: Volevo fare un accenno alla Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale tenutasi a Roma la settimana scorsa. Secondo me è stata un successone, c’era mezzo governo, c’erano operatori, utenti e familiari. Secondo me PD e Trieste hanno sbagliato a sabotarla. Il governo ha finito, infatti, per privilegiare la SIP. A mio parere le liti dentro PD e tra PD e Trieste ci indeboliscono e basta. Si tratta poi spesso di conflitti cronici. Certe diatribe sono nate tra Rotelli e Sarli già nel 1984.
Parlando di contenuti voi sapete che io penso da anni che dato che la SIP è il luogo della contraddizione noi dovremmo entrarci, in gruppo, in modo concordato, ma entrarci.
I punti irrinunciabili dei Triestini sono sempre gli stessi: SPDC senza contenzione, SPDC aperti, CSM sulle 24 ore. Se ci si confronta a fondo ci si accorge che in teoria siamo tutti d’accordo, ma nella pratica queste cose bisogna negoziarle, perché ci sono realtà che non le conoscono e le temono.
Pullia: a mio parere la conferenza si può leggere anche in un altro modo: è andata bene così, nel senso che hanno gestito tutto i familiari, il governo ha registrato il nostro dissenso e i nostri contenuti non sono stati sconfermati.
Lapis: A mio parere a Vico si è parlato molto di buone pratiche, anche perché molti operatori non vogliono più lavorare male: è evidente nei Servizi la tendenza alla neomanicomializzazione. Anche il problema della formazione è stato messo a fuoco. Il rapporto con le famiglie, la società civile è ineludibile. E’ necessario andare oltre la psichiatria.
Per me il Congresso di Vico è stato entusiasmante, anche perché c’era la società civile.
Ricci: faccio un breve inciso sulla questione del rapporto Nord/Sud. Forse siamo pessimisti, perché non è vero che il tessuto sociale del nord sia meno ricco di quello del sud; il problema potrebbe essere che noi non siamo capaci di fare il lavoro necessario per intercettare la società civile.
Torresini. Rilancia l’idea del ‘Club degli SPDC aperti’.
Brunello: noi a Piove di Sacco stiamo cercando di lavorare nella direzione del ‘non-legare’ anche se la cultura generale degli operatori era di difficoltà nel non legare.
Pullia: io rilancerei tre parole d’ordine:
1, PRESA IN CARICO A. GLOBALE
B. PRECOCE
C. SENZA SELEZIONE DELL’UTENZA
2. LE BUONE PRATICHE
3. RETE
Lattanzi. Interviene sottolineando che non intende ritornare sulla polemica ‘telematica’ intorno a Vico; le cose fondamentali sono state già dette varie volte. Si tratta di voltare pagina e di usare la Società Triveneta per voltarla. Sottolinea di condividere la posizione di Ricci completamente e che è tempo di organizzarsi fattivamente per dar vita alla rete. Probabilmente si è già perso tempo. Trieste è d’accordo sul cominciare senza formalizzarsi sulle appartenenze. Per il Nord sarebbe una novità eccezionale e un passo in avanti come non se ne fanno da un decennio. Non c’è contraddizione tra PD e la rete delle buone pratiche, per i nostri livelli di penetrazione al Nord; chi vi vede contraddizione dovrebbe esprimere chiaramente il proprio dissenso e motivarlo.
A lui appare comunque intollerabile l’idea di proseguire PD triveneta come negli ultimi due anni, tra finti seminari e chiacchierate autoreferenziali: i tempi sono troppo duri per l’autocontemplazione. Si deve pertanto procedere alla indentificazione degli obiettivi di minima per la rete e per PD.
Ricci: ne va della nostra sopravvivenza!
Gasperoni: E’ importantissimo rimettersi in confronto con Trieste, ma anche con tutto il Nord.
(a questo punto la discussione prende una piega confusa, nella quale si equivoca tra rete e PD in continuazione, come se davvero risultasse difficile distinguere tra i due momenti e su come si interconnettano)
Steffenoni: sono d’accordo sul rompere il muro dell’autoreferenzialità. Le mie esperienze con il self-help mi hanno insegnato molto sulle potenzialità delle reti e sul fatto che quando si dà vita a una rete si può definire da dove si parte, ma non si sa dove si arriva, ed è proprio questo che ne fa un’esperienza aperta. Si inizia a collegarsi con il locale e si finisce collegati con il mondo. Per questo non è così facile dire dove si delimita una rete, dire cioè se è una rete triveneta, una rete del nord o una rete nazionale.
Ricci: per la rete proporrei:
Steffenoni: cerchiamo di identificare tematiche forti
Ricci: Bisogna identificare i promotori!
(qui il discorso si fa di nuovo confuso perché più di un partecipante si chiede ‘chi si connette?’ ‘con chi ci si connette?’ Aleggia il fantasma di Trieste e della sua potenza e, quindi, della paura di farsi inglobare in una proposta triestina più che non di essere i promotori di un’esperienza nuova).
Alla fine si concorda tutti sull’opportunità di contattare Trieste per ricevere le informazioni tecniche per dar vita alla rete e di delegare Ricci e Lattanzi a questo compito.
Quanto a PD si concordano minimo tre incontri seminariali durante l’anno:
1. un incontro a Marzo a Trieste sulle buone pratiche
Ci si rivede comunque quanto prima per valutare insieme sviluppi della rete.