PSICHIATRIA DEMOCRATICA

 

Laboratorio per le Città Sociali

Psichiatria Democratica - CGIL FP Napoli - Magistratura Democratica Sez. Napoli - Cantieri Sociali Napoli

 

 

 

La città sociale e il suo carcere: per la costituzione di un osservatorio.

 

Attraverso la promozione del Laboratorio per le città sociali – da parte di MD, Psichiatria Democratica, CGIL FP, Cantieri Sociali – ci si è posti l’obiettivo di realizzare modelli di città fondati sulla solidarietà e sulla libertà dal bisogno, sulla eliminazione di ogni “spreco sociale”.

Il carcere è tra i vari luoghi della marginalità (nuovi poveri, immigrati, tossicodipendenti) quello in cui l’attuale società dell’insicurezza diffusa attua, a fini di autoprotezione, la dichiarata esclusione dei disomogenei – delinquenti. E ciò nonostante il reato e la pena affondino le loro radici più profonde proprio nell’emarginazione, nel disagio, nella disoccupazione. Ancor più drammatica appare la realtà totale degli Ospedali psichiatrici giudiziari, ultimo redisuato di una concezione custodiale della malattia, gli internati negli Opg appaiono sempre più drammaticamente ultimi tra gli ultimi.

Le attuali politiche di riduzione della spesa sociale possono confinare definitivamente nel silenzio la drammaticità della condizione custodiale [la popolazione carceraria ha subito un sensibile incremento, come testimoniano i dati più recenti, con una sensibile incidenza percentuale dei tossicodipendenti e degli stranieri].

Non si tratta di una questione che riguarda solo operatori penitenziari e magistrati, ma di una problematica civile e politica straordinariamente complessa che interessa tutti coloro che hanno a cuore i diritti di cittadinanza e i principi di solidarietà sanciti dalla carta costituzionale. Occorrono attori molteplici tra i quali instaurare forme di collaborazione per il ripristino di una cultura della pena intesa, ai sensi dell’art. 27 della Costituzione, come possibilità di emenda e reintegrazione sociale attraverso le forme di esecuzione alternative alla detenzione, la preparazione ad uscire dalla prigione, la formazione professionale ed i percorsi europei per chi esce. Principi, questi, fondanti l’ordinamento penitenziario e ribaditi dagli art.81 e ss.,  Regole Minime dell’ONU del 1955 e Consiglio d’Europa del 1973, raccomandazione R (87) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 12/2/87.

In tale ottica, la prigione diviene riferimento per differenti risposte della società civile all’insicurezza: dalla scelta di partecipazione alla risocializzazione discende la necessità di inventario dei luoghi detentivi, di analisi delle evoluzioni delle incarcerazioni e delle condizioni di vita dei ristretti (in particolare:  le detenute madri ed il distacco dai figli, i pazienti psichiatrici ricoverati in OPG in contraddittoria ed anacronistica espiazione di pena o  di misura di sicurezza, gli stranieri), la individuazione di alternative alle incarcerazioni, l’adozione di una politica credibile di prevenzione (modifiche dell’ambiente, accompagnamento delle persone in difficoltà o difficili, sostegno delle organizzazioni non governative ), il ricorso alla tecnica di pace civile della mediazione (conferma di legami con la comunità, mediazioni di comunità  e tra la vittima e l’autore del reato, ruolo del volontariato).

E’ indispensabile pensare sempre più ad una cultura della sicurezza urbana quale condizione per ciascun abitante di esprimere il proprio diritto di cittadinanza. Da ultimo proprio a Napoli nel convegno internazionale “Sicurezza e Democrazia” organizzato il 7- 9 dicembre 2000 dal Forum Europeo per la sicurezza urbana , si è ribadita la pertinenza dei sistemi morbidi e informali (tutte le ipotesi di mediazione, conciliazione, arbitraggio) di regolazione delle tensioni e dei cattivi funzionamenti sociali. Si è evidenziata la necessità, di fronte alla violenza ed all’aumento delle tossicomanie, di incoraggiare un’identità comunitaria tra i residenti per rendere loro possibile il controllo sui comportamenti  delinquenti e le risoluzioni pacifiche dei conflitti; si è definita la necessità di creare una mutua conoscenza  e fiducia intorno ad un progetto collettivo. 

L’obiettivo del recupero di risorse umane ed energie sociali compresse dal disadattamento, anche come strategia di contenimento del fenomeno criminale, impronta la legge quadro dell’assistenza sociale 328/00.

La normativa prevede per i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’A.G. interventi assistenziali e la priorità nell’accesso ai servizi ed alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Con la sottoscrizione in data 3/10/00 del Protocollo d’intesa tra Regione Campania e Ministero della Giustizia, attraverso lo strumento del piano sociale di zona (art.19 L. 328/2000), si è avviata la collaborazione per garantire il diritto alla salute delle persone detenute e promuovere la diffusione di processi di apprendistato lavorativo mediante borse-lavoro e tirocini formativi, per contrastare l’esclusione sociale ed agevolare gli interventi degli organi preposti alla prevenzione.

L’ordinamento penitenziario valorizza la partecipazione della comunità al percorso di reinserimento e di umanizzazione della custodia, con l’art.17 relativo proprio alla”partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativail legislatore impone che “la finalità di reinserimento sociale …deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all’azione rieducativa Per fare ciò è indispensabile stabilire un raccordo ed un confronto permanente tra gli organi destinati al controllo e alla gestione degli istituti penitenziari e dei cittadini sottoposti al regime carcerario con gli enti pubblici e le associazioni che si occupano di questi problemi. Ciò non può essere adeguatamente realizzato se non con la costituzione di un Osservatorio permanente sul carcere che veda coinvolti tutti i soggetti che della realtà carceraria si occupano per dovere di ufficio o per scelta volontaria. Un luogo in cui si possano acquisire, nel rispetto delle competenze e delle prerogative dell’amministrazione penitenziaria, elementi di conoscenza diretta sulle condizioni delle strutture carcerarie napoletane (con questa accezione intendiamo tutte le realtà custodiali rientranti nel territorio della c.d. città metropolitana di Napoli) per approfondire le problematiche relative alle condizioni di vita dei detenuti, ai loro rapporti con le strutture di controllo sia interne che esterne agli istituti penitenziari cittadini, alle loro condizioni sanitarie, alle condizioni particolarmente difficili dei detenuti extracomunitari ed alle difficoltà connesse al recupero ed al reinserimento nel contesto sociale dopo l’espiazione della pena. La proposta si muove nel solco di una analoga esperienza già sperimentata a Napoli ove con decreto sindacale n. 265 del 2/5/97 (del quale sono stati riportati sopra ampi stralci) l’Amministrazione Comunale disponeva la costituzione di un proprio Osservatorio sul carcere coordinato dall’Assessore alle Politiche Sociali, con la partecipazione di varie realtà istituzionali e del volontariato e il coinvolgimento dei direttori degli Istituti penitenziari e dei magistrati di sorveglianza.

L’attuazione dell’osservatorio quale articolazione istituzionale e sociale individuata per il collegamento, l’accesso e l’azione in carcere, rappresenta per il LABORATORIO, e le associazioni che lo  hanno promosso, esigenza indifferibile di giustizia e democrazia rispetto ai delicatissimi profili di tutela della persona e di difesa sociale implicati dal sistema totalizzante.

Lo scopo dichiarato è la conoscenza quale chiave di volta per lo smantellamento dell’equazione tra diverso e dannoso, per la corretta assunzione e gestione di un rischio funzionale all’eliminazione di un pericolo finalmente definito nella sua entità oggettiva, scrostata dal vissuto soggettivo nutrito dal pregiudizio della irrecuperabilità assoluta.

Si tratta di uno strumento che può fornire la metodologia per la individuazione, motivazione e sostenibilità all’interno del carcere di modelli di reinserimento; per la creazione all’esterno di supporto per i condannati in misura alternativa e le famiglie; per il monitoraggio della capacità di assorbimento del tessuto sociale.

Il Comune di Napoli, primo rappresentante della comunità locale e dei suoi bisogni, deve nuovamente divenire protagonista della ormai indifferibile costituzione di un nuovo Osservatorio permanente sul carcere che dovrà vedere coinvolti in sinergia altri referenti istituzionali (le ASL per fare solo un esempio), l’associazionismo professionale che di tali realtà si occupa (associazionismo giudiziario e forense, il sindacato) e tutta la società che si organizza per promuovere politiche per l’inclusione sociale. Non è certamente questa la sede per la individuazione delle realtà da coinvolgere positivamente nella esperienza ma certamente non può essere dimenticata l’esperienza passata che ha visto il coinvolgimento dell’Associazione quartieri spagnoli, di Napoli Progetto Europa e di atnti altri.

La complessità e l’originalità dell’esperienza rendono prioritaria la definizione di un piano di fattibilità in cui i contributi individuali dei singoli attori vadano a integrarsi e/o a modificarsi in una strategia unica che definisca gli strumenti operativi per questo il LABORATORIO chiede al Comune di Napoli di costituire l’Osservatorio permanente sul carcere, e fin da ora offre la propria disponibilità a parteciparvi attivamente.

Napoli,

Il Laboratorio per le città sociali