PSICHIATRIA DEMOCRATICA

PRIMO APPUNTAMENTO
MERCOLEDI' 11 LUGLIO 2001-ORE 18.00
CGIL - FP di Napoli - Piazza Mercato, 61

 

 

LABORATORIO PER LE CITTA’ SOCIALI

Promosso da

Psichiatria Democratica,Magistratura Democratica,CGIL Fp Cantieri Sociali

 

La notte è finita.

Ma l’alba stenta a venire.

Primo Levi

 

A chi ci rivolgiamo

A tutti coloro che - partendo dal proprio ambito professionale, come dal volontariato o da altre spinte motivazionali – ogni giorno si confrontano e faticano per delineare una gamma di interventi in grado di favorire e fare avanzare un protagonismo reale in questa città: la società diffusa che si organizza per promuovere politiche per l’inclusione.

Il comitato promotore per la creazione del Laboratorio per le città sociali - che guarda con particolare interesse a chi vive ed opera ai margini o fuori dalle rassicuranti mura istituzionali - ritiene che la costruzione di un processo autenticamente democratico debba, necessariamente, partire dalla consapevolezza che esiste un notevole capitale di risorse in ciascuna realtà umana e che l’idea di laboratorio risieda già nelle pratiche dei singoli e dei gruppi.

E’ in questo tumultuoso miscuglio di attive presenze, in questa ricca quanto variegata, caotica, multiforme e non codificabile esperienza diffusa, che va cercata la fonte di qualsiasi futura costruzione.

Da qui, ritengono i promotori, dalle infinite cose già esistenti, deve svilupparsi quella strategia per la costruzione di questo Laboratorio.

IL METODO, IL CONFRONTO, LE ALLEANZE.

E’ su questa tematica, fatta di una infinita molteplicità di tentativi in progress ed orientata a "conciliare" ciò che a prima vista appare inconciliabile ,che può svilupparsi il dibattito all’interno di un Laboratorio che potrà esistere, crescere e svilupparsi soltanto grazie al contributo attivo di quanti intendono spendersi in questa sfida contro la "doppia società".

Ma che cosa vuol dire "concilare"?

Non vuol dire soltanto assonanze, né fermarsi sulla soglia di consolanti "identità di analisi", che da sole non bastano per introdurre processi di emancipazione reali.

Vuol dire, piuttosto, individuare sentieri lungo i quali far incamminare i progetti, partendo dalle realtà circoscritte ma in grado di fare crescere micro - pratiche diffuse di alleanza ed integrazione.

Occorre reinventare azioni e creazioni di umani desideri, consolidare le aggregazioni intraprese fino a raggiungere capacità di auto-moltiplicazione ed un adeguato livello di "universalità".

Facendo "indietreggiare ovunque sia possibile l’infelicità".

Mettendo a disposizione il proprio specifico per trasformarsi in Soggetti collettivi.

L’OBIETTIVO

L’obiettivo è quello di costruire un Laboratorio permanente, che sappia fare vivere le tante esperienze come le differenze (individuate come risorse) e la sua dinamicità ideativa e organizzativa, per rinnovarsi e rendere inutili e vuoti i luoghi di emarginazione. Creando spazi di inclusione capaci di moltiplicarsi nei quartieri, imponendo - in chiave emulativa e contagiosa - esempi di Città sociali fondati sulla solidarietà e sulla libertà dal bisogno, in grado di abolire dal proprio agire il concetto stesso di esclusione e di "spreco sociale".

IL CITTADINO GLOBALE

 

Partendo dall’ identikit del "cittadino globale" descritto dal sociologo tedesco Zygmunt Bauman che si trova oggi "isolato, in balìa dell’incertezza e dell’insicurezza, immerso in un processo continuo di sgretolamento del tessuto sociale ……. perdendo così "la possibilità di interrogarsi sulla sofferenza in una rete di condivisione collettiva" siamo del parere di contrapporci alla "società dell’incertezza" - che induce troppi a vivere da stranieri perfino verso sé stessi e verso la conoscenza dei propri disagi- mettendo in campo il grande capitale collettivo, costituito dalle risorse esistenti nei nostri quartieri.

Le città sociali, in quanto motori di scambio, si affiancano ai cittadini nei luoghi dove si vive, promovendo- con i mille attori che popolano le strade, i vicoli ed i condomini- pratiche di liberazione.

 

DA DOVE PARTIRE: LA SICUREZZA.

 

E’ questa diffusa insicurezza, sempre più diffusa perché scarsamente contrastata, che induce all’arroccamento diffuso.E’ l’arroccamento che fa crescere la paura. Ed è la paura che sostiene l’attuale concetto di sicurezza, inteso soltanto nel senso di auto-protezione da tutto ciò che appare ( e spesso è) diverso e di pieno utilizzo di quegli strumenti- prima di tutto legislativi e di ordine pubblico- finalizzati a tenere sempre più lontani e rinchiusi, coloro che non si presentano omogenei a chi detiene il monopolio universale della normalità.

Il tema della sicurezza, non è secondario nello sviluppo strategico per la creazione delle Città sociali. Ma come? Con quali strumenti?

 

GLI STRUMENTI

 

Ribaltare l’attuale concetto di sicurezza non è uno slogan ma un concreto obiettivo, che si può raggiungere mettendo in moto un infinito processo di deistituzionalizzazione, in grado di utilizzare una intricatissima rete che riesca a connettere le varie esperienze esistenti e che le rilanci e ne affini di nuove e più complesse ed avanzate.

Nelle città, nei quartieri ed oltre. Una rete che vada oltre l’ottimizzazione del già fatto ma che dalle pratiche territoriali sappia trarre vitalità, riflessioni e nuove idee.

A nostro avviso i luoghi della marginalità quali le aree degradate delle periferie dove sono ammassati i nuovi poveri, od i Centri di "accoglienza" per gli immigrati costituiscono i nuovi gendarmi , luoghi precipui in cui la retorica della sicurezza esprime i suoi dettami ed esplica le condizioni per innescare circuiti di feroce esclusione.

E’ a partire da questi luoghi - prigione che va innescato il processo di deistituzionalizzazione.