PSICHIATRIA DEMOCRATICA

 

           0.N.L.U.S.”

 

Un’altra sanità è possibile

 

Con la vittoria di Nichi Vendola il radicalismo non è più una malattia. Conseguenza solo apparentemente secondaria rispetto alla conquista della Presidenza della Regione Puglia. Ora si cerca un metodo. È necessario inventarne uno, perché le esigenze del governo non possono cancellare le voci della gente che ha chiesto il cambiamento. Ma ciò che chiamiamo metodo, in realtà, è un atteggiamento, un modo di essere. Come si fa ad amministrare e a essere radicali? Come si fa a creare consenso e, contemporaneamente, a lasciare aperta la possibilità della contestazione? Non esiste una ricetta. La scommessa è dimostrare che un altro modo di governare è possibile. Un po’ come, per noi di Psichiatria Democratica, la scommessa fu di dimostrare che era possibile una psichiatria senza manicomi. Quando il Presidente Vendola fa appello all’inquietudine delle persone, scommettendo sulla loro autonomia, sulla capacità di continuare a essere conflittuali, questo ci basta, perché è sempre stato il nostro metodo. Quando contrappone le parole viscerali della società alla “politologia”, il discorso hi-tech della politica professionale, questo ci basta, perché il nostro ruolo è sempre stato di amplificare le voci più basse e oscure della società. È una storia che ci ha fatto diventare militanti di Psichiatria Democratica, non un credo teorico. Le voci, i corpi degli uomini e delle donne sepolti nei manicomi sono stati il motore profondo della legge 180: la riforma del sistema psichiatrico più avanzata del mondo, presa a modello dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Senza queste voci, che spinsero Franco Basaglia a rinunciare agli esperimenti di riforma del manicomio, i manicomi esisterebbero ancora. Essere radicali significa non dimenticare la primordiale alleanza politica con i pazienti. Ma la longevità del nostro movimento è frutto della capacità di aprirsi al mondo, di dialogare, di costruire percorsi comuni. Non solo con i partiti e i sindacati di sinistra, ma anche con i movimenti che lottano a fianco degli ultimi. Come la rete, di cui fa parte Psichiatria Democratica Pugliese, che oggi si oppone all’apertura di un Centro di Permanenza Temporanea nel quartiere San Paolo di Bari. Con la vittoria di Vendola si apre uno scenario inedito e Psichiatria Democratica Pugliese si candida a essere una forza attiva del  cambiamento. Per quattro ragioni. In primo luogo, perché la sanità sarà il principale banco di prova della nuova amministrazione, chiamata a sanare le ferite del governo Fitto con politiche di qualità, oltre che di quantità. In secondo luogo, perché Psichiatria Democratica è la storia di una rivoluzione copernicana, che ha posto al centro dell’organizzazione sanitaria la persona con i suoi bisogni e i suoi diritti. Il vero Direttore è il paziente: basandoci su questo principio, abbiamo conquistato sul campo una competenza insostituibile nella gestione territoriale della salute pubblica. In terzo luogo, perché Psichiatria Democratica in Puglia è una storia di lotte: lotte contro gli ospedali psichiatrici privati e i loro pubblici privilegi, lotte per il protagonismo sociale dei pazienti e delle loro famiglie nei quartieri degradati, lotte per la costruzione di percorsi di reale emancipazione dei pazienti, nel confronto quotidiano con i familiari e con la società civile. Infine, perché tutto il movimento nazionale di Psichiatria Democratica guarda verso la nostra regione, con la consapevolezza che possa diventare l’avamposto di un importante esperimento politico. Il laboratorio nel quale provare che, in Italia, un’altra sanità è possibile. 

 

Pierangelo Di Vittorio

Psichiatria Democratica

Bari, 12 maggio 2005